sabato 9 giugno 2012

The Daily Facebook | N.15 del 09.06.2012_Facciamo: voce del verbo fare, modo imperativo.

[The Daily Facebook è una rubrica di questo Blog. Una sorta di Diario del diario di fb. Non però una cronologia, piuttosto un resoconto assolutamente NON obiettivo. Un esperimento. Una restituzione di quello che succede sulla mia pagina Fb (e sulle pagine dei miei contatti) giorno per giorno (o quasi). Una mappa sentimentale, costruita su legami e logiche assolutamente personali. Messi insieme secondo una logica dichiaratamente arbitraria. Una visione palesemente distorta (e perciò sentimentale) di ciò che accade, di quello che vedo, di quello che attira la mia attenzione. Brevi storie fatte di frammenti, che non vogliono essere punti di arrivo, ma s-punti di partenza]



[dalla pagina fb di Maurizio Goetz]

["Francesca Woodman" dalla pagina fb di Cristina Villani]

[dalla pagina fb di Tododesign]

[dalla pagina fb di THIS IS SO CONTEMPORARY!]

[dalla pagina fb di Philippe Louis Coudray]

[Frida Kahlo by Susanne Bisovsky dalla pagina fb di  frida kahlo]


[dalla pagina fb di Hub09 - Social Design]

[dalla pagina fb di Christine Kysely]

[dalla pagina fb di Willow Art]


["Snow Geese in flight. Kleinfeltersville, Pennsylvania. (© Charles Funk)"
dalla pagina fb di Shuji Hisada]




Sempre più spesso mi capita di ravvisare, in ambito privato quanto professionale, la tendenza all'autoreferenzialità. 

L'autoreferenzialità, voglio precisarlo, secondo me, non è sempre sterile, ma sono rarissimi i casi in cui essere autoreferenziali corrisponde a condurre una ricerca dentro sé stessi in un confronto ossessivo con le proprie esperienze. Si tratta di un discorso piuttosto complicato. L'autoreferenzialità che ritengo non sterile è un processo che avviene in chi, e sono uno o due, tratta sé stesso come fosse un altro scomponendo le proprie esperienze, scandagliando a fondo sé stesso, conducendo un approfondimento sistematico e furiosamente analitico di ciò di cui è fatto, delle cose, dei fatti, delle immagini, delle parole che negli anni ha selezionato e accumulato dentro di sé. Un'analisi continua e profonda condotta dentro sé stessi anche, incredibilmente, con una certa umiltà. Un atteggiamento quasi patologico che sicuramente poggia su un radicato egocentrismo, ma che genera una autoreferenzialità non sterile perché capace nell'approfondimento condotto dentro sé stesso di arrivare a risultati sempre migliori. Una autoreferenzialità non sterile, quasi apparente, molto rara. 


A parte questi rarissimi casi essere autoreferenziali significa celebrare inutilmente sé stessi in un gioco di rimandi assolutamente sterile che esclude il confronto con gli altri e l'accrescimento delle esperienze, portando a risultati scarni e sempre più insignificanti. La volontà di isolarsi, di mettersi in evidenza a tutti i costi, di scansare gli altri per emergere, di strafare per fare, di ostentarsi fino a spingersi talvolta oltre i limiti della decenza e del buon gusto, la ricerca ossessiva dell'originalità (varrebbe poi la pena di interrogarsi sul senso di questa parola, e chiedersi se realmente possiamo credere di essere capaci di produrre qualcosa di "originale"!) hanno probabilmente origine dalla convinzione che collaborare, lavorare in gruppo, fondere il proprio lavoro con quello di altri (voglio attenermi alla sfera professionale) significhi scomparire, rinunciare alle proprie idee, mimetizzarsi. E ne siamo convinti perché siamo ormai abituati a ragionare, a muoverci, a fare le cose per eccesso. Si dovrebbe andare verso l'idea di un fare più pacato forse, ma più onesto, più sensato, più fruttuoso. Lavorare su sé stessi e sulla propria personalità creativa per ispessirla da un lato e poi fondere il proprio lavoro con quello di altri. Mescolare le esperienze, dare origine a ibridi nei quali è ancora riconoscibile la personalità e la ricerca e lo spessore di ognuno di quelli che vi hanno partecipato. Contaminazione è secondo me la parola chiave per fare in questi tempi cose che siano vicine a questo tempo. Sono convinta che si debbano mescolare competenze e conoscenze, come desideri e obiettivi, per raggiungere risultati veramente inediti e utili (e anche perché no, per superare questa/queste crisi che ci tengono attanagliati). Non si deve avere paura di oltrepassare i limiti delle categorie che noi stessi ci siamo costruiti. Classificare per categorie non ha più molto senso. Non si deve avere paura. Paura di scomparire, di non comparire, di essere copiati. Si deve fare, fare senza paura, fare per raggiungere uno scopo utile a sé stessi e alla comunità. La propria vittoria, dobbiamo impararlo, è contribuire a fare qualcosa che serva alla collettività. 
Infine credo che il criterio con cui debbano avvenire queste mescolanze sia la sensibilità, l'affinità. L'ibrido, il processo di contaminazione deve avvenire con naturalezza, senza costrizioni di alcun tipo, devono avvicinarsi le cose tra cui nasce attrazione spontanea. Deve avvenire per corto circuito, per innamoramento. L'amore, l'attrazione deve essere il collante. 



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