giovedì 3 gennaio 2013

Arriva l'Architettura contro la TELE - visione. Piscinola, Napoli nord, impressioni dal basso sul progetto l'Unité d'habitation aléatoire di Cherubino Gambardella

Scampia e Piscinola. Piscinola e Scampia. La notizia di oggi, anche quella di ieri: un nuovo arresto.

Arrestare: Assicurare qlcu. alla giustizia su mandato dell'autorità giudiziaria
Arrestare: fermare, bloccare il movimento di qlcu. o di qlco. 

Arrestare quelle storie sempre uguali, che ci hanno stancato e che sembrano finte tanto sono surreali, ci vorrebbe un cambiamento vero, serio, reale. Quelle storie sempre uguali di spaccio, di detenzione di armi, di bambini ingaggiati a fare i "pali", di donne incinte usate come corrieri della droga, di uno Stato lontano, perennemente assente che si fa vivo di tanto in tanto con la parata dell'esercito nello schieramento dei posti di blocco, come fossero bancarelle del torrone durante una festa di paese, che passa il Santo e passa la festa! Quelle storie sempre uguali, che ci hanno stancato, che sembrano finte e invece sono vere.

Morti. Morti ammazzati, morti fra la folla, morti innocenti, morti nei giardini delle scuole dell'infanzia, 48 il morto che parla, il sangue fa 18. Morti vivi, murati vivi nelle mura della propria casa, fra due pareti di cui una removibile, TELE-comandata. Storie di madri che vivono con in tasca il TELE-comando di una delle pareti di casa dietro cui vive il proprio figlio che a soli 20 anni è capo-clan-camorrista-latitante, morto-vivo, vivo-morto, più morto che vivo. Storie di TELE-comandi e TELE-comandati, storie di TELE-comandamenti. Storie  s e m p r e  u g u a l i  che finiscono in TELE-visione, nei TELE-giornali, tutti i giorni. Storie da Napoli nord. Da Scampia e Piscinola. Piscinola e Scampia.

tèle- [Der. del gr. tèle "lontano"] [LSF] Primo elemento di parole composte, nelle quali significa: (a) "lontano, da lontano"; (b) riferito a telefonia o telefono, telegrafia o telegrafo, televisione e simili.

televiṡióne s. f. [comp. di tele- e visione, sull’esempio dell’ingl. television].
1. Sistema di telecomunicazione destinato alla trasmissione a distanza
2. estens. a. L’organizzazione tecnica, amministrativa, artistica che provvede all'esecuzione e alla diffusione dei vari programmi televisivi

TELE-visione. Visione da lontano. 

Lontane dalla città, lontane dalle abitudini e dai modi di fare di chi ci avrebbe abitato, lontane persino dalle esigenze del vivere civile, edifici, abitazioni tutte uguali, destinate a gente con storie che tanto sono sempre tutte uguali! Case in serie, serie di case. Case come loculi. Scatolette stipate in scatole più grandi. Case come fossero penitenziari. Perché tra il penitenziario e le case, messi l'uno difronte alle altre, non c'è differenza. Si assomigliano. Si guardano come fossero messe davanti ad uno specchio, sviluppano un linguaggio comune, si stringono in un dialogo fitto fitto, si raccontano storie che finiscono per assomigliarsi. Così, a guardarle, sembra che siano state concepite e costruite le case, gli edifici a Piscinola e Scampia, da lontano. Lontano da tutto. In una visione delle cose che è una Tele-visione, lontana da tutto e che allontana da tutto.


Scampia. Carcere di Secondigliano (foto da web)

"Case Celesti" di Scampia, dette "Case dei puffi" (foto da web)



Case nell'area di Napoli nord (fotografate da me)




Case a Scampia. (fermo immagine da Google Maps)


Case a Piscinola (fermo immagine da Google Maps)


Parchi di case in costruzione a Napoli Nord. (foto da web)



Questo è lo scenario che fa da sfondo al progetto dell'Arch. Cherubino Gambardella: "Unité d'habitation aléatoire". Case a Napoli Nord. Tra Scampia e Piscinola. 

Unité d'habitation aléatoire, progetto dell'arch. Cherubino Gambardella. 
(Fotografie tratte dalla sua pag. fb)


Il blu lo ha scelto, ho letto sulla pagina fb dell'arch., perché gli ricorda il mare e con il suo progetto pensava ad una nuova "Procida Verticale". Apprendo anche, sempre tramite fb, che "ogni casa ha una metratura diversa e finestre diverse è un montaggio di resti di cubatura".
Case, non tutte uguali, per gente con storie che possono smettere di essere tutte uguali. Case diverse, ognuna con il proprio destino, non per forza prevedibile. Facciate dove finalmente la simmetria si perde e l'occhio gioca a trovare corrispondenze che non ci sono e finalmente immagina. Immagina come sono dentro le case. Un'architettura che chiede di essere colonizzata dalla fantasia, che lascia spazio, che prevede, che attende l'invasione. 
Sulle facciate dei palazzi sono scritte le storie di chi ci abita, ma quando li disegni i palazzi o li costruisci, le facciate sono una promessa. Chi progetta e chi costruisce se lo dovrebbe ricordare. L'architettura è fatta per accogliere le persone con le loro storie, ma anche un po' quelle storie le scrive. Chi abita un luogo crea il luogo, ma anche è influenzato da ciò che gli sta intorno. E lì, nel dialogo intimo che si instaura tra le persone e i luoghi, credo, c'è l'architettura.


Qualcuno a commento delle fotografie postate su fb (riportate sopra) si augura che chi abiterà gli appartamenti "non chiuderà con orribili verande i balconi", l'arch. Gambardella gli risponde: "sono immaginati per essere chiusi, al sud è così e l'architettura deve diventare più bella con le aggiunte popolari!"

Questo mi piace di questo progetto, che finalmente qualcosa cambia, per strada, nelle strade che faccio sempre. Un'architettura che tiene conto di quello che c'è, che non viene da lontano, ma trasforma da dentro. Non giustapposta ma ricavata. Quando si vuole cambiare qualcosa davvero si deve cominciare dall'uscire per strada, dall'incontrare gli altri, nelle strade di sempre. 
Nelle trasformazioni qualcosa resta e qualcosa cambia. Uno la sente propria la trasformazione se si riconosce in qualche modo nel cambiamento, se dentro c'è qualcosa di familiare. Se non ti senti estromesso, ingabbiato, sei anche disposto a cambiare. Ti viene voglia di cambiare. Il nuovo deve essere stimolante non spiazzante. La bellezza va cercata nelle cose che esistono, va costruita a partire da quello che c'è. Pure perché quello che c'è continuerà ad esserci in ogni caso, quindi meglio sposarlo. Non tenerne conto sarebbe come ingenerare una inutile guerra e la trasformazione porterebbe solo ad nuovo squilibrio. 


Facciate da Napoli nord, modi di abitare, la veranda, le antenne paraboliche, i panni stesi.. 





(fermi immagine da Google Maps)
(mia fotografia da asse mediano, napoli nord) 




"Monumento alla veranda" 
disegno di Cherubino Gambardella dalla sua pagina fb

"Monumento al balcone ignoto ottimista e mediterraneo" 
disegno di Cherubino Gambardella dalla sua pagina fb






Unité d'habitation aléatoire, progetto dell'arch. Cherubino Gambardella. 
(Fotografie tratte dalla sua pag. fb)


Cherubino Gambardella descrive cosi su facebook il suo progetto "Unité d'habitation aléatoire":

"Una nuova strada oltre i montaggi di MVRDV e di Koolhaas , oltre la malinconia costosissima di kazujo seijma. L'interazione a bassa tecnologia e a basso costo. Un edificio con una moltitudine di finestre , balconi, riliev. Semplice e sontuoso come l'abito di un povero nasce per trasformare il caso in bellezza democratica.
aspetta di essere cannibalizzato per divenire potenza espressiva allo stato puro , è comune e convenzionale ma è più forte delle Vele di Scampia perché pensa solo ad oggi e si ispira agli etimi più nobili della speculazione edilizia.
A Napoli Nord in uno dei paesaggi più duri del mondo ecco un'unità di abitazione che si costruisce senza storia e senza avanguardie montando tutto nell'immaginario impreciso del tempo presente".

Disegno di Beniamino Servino su 
l'Unité d'habitation aléatoire di Cherubino Gambardella

Mi piace questo intervento di Servino sul lavoro di Gambardella, quasi me lo aspettavo, è come un ponte che unisce due sponde. 

"La lingua parlata e il linguaggio usato nella costruzione di un luogo fisico sono sovrapponibili. Quando questo non avviene chi parla quella lingua vive lo spaesamento di abitare un luogo di cui non capisce il linguaggio [non ne decodifica l'apparato iconografico-simbolico]. E allora lo rifiuta [quel luogo] e lo deturpa [quel luogo] oppure ne ha timore e lo rispetta [quel luogo]. Spesso lo consuma semplicemente. "

"Abusi di necessità. [...]
Necessario. Da cui non c'è modo di ritirarsi. Io non posso ritirarmi da un bisogno."

""Ma per essere condivisa e sostenuta [la pietas] deve essere riconosciuta. Deve essere rappresentata [la pietas] in una forma generata dal bisogno. Deve mostrare fiera la sua genesi, ma assumere una dimensione dilatata ipertrofica ciclopica smisurata, Ma ancora riconoscibile. Una anamòrfosi liberatoria, immaginifica."

(da Monumental Need di Beniamino Servino)

Caserta e Napoli. Due città diverse. Parlate diverse. Abitudini e problemi diversi. Tradizioni culinarie diverse.   Leggende diverse. Due città dalla provincia così estesa che si sfiorano, quasi si fondono senza però ancora incontrarsi. Quando guardo al lavoro dei due architetti, e lo guardo perché mi affascina e forse anche perché dentro trovo tracce rassicuranti di storie che conosco, rivedo le loro due città, poi però mi accorgo che dentro a quello che dicono e quello che fanno c'è qualcosa, di opinabile forse, ma che andrebbe bene per una qualunque città, per tutte le città. Nella diversità dei loro lavori, a volte, mi sembra che le loro città si incontrino in una nuova città possibile. Realmente possibile.


Ogni tanto sento contrapporre l'architettura italiana all'architettura internazionale. E non ne capisco il senso. Già "architettura italiana" mi sembra una enorme forzatura. Per me l'architettura è una. Consiste in un modo di fare le cose che nasce dall'esigenza di farle. Un modo di fare che assume caratteristiche specifiche in rapporto alle esigenze specifiche del luogo (posto+persone) dove si vuole costruire. E per luogo intendo proprio la città e ancora di più la porzione di città nella quale si deve edificare. Per cui tutta l'architettura è locale, strettamente connessa al luogo dove sorge e si sviluppa. Non potrebbe essere altrimenti. Il bello dell'architettura è che è fatta di teoria finalizzata alla pratica. Deve attenersi a questioni reali. Per questo anche l'architettura internazionale, per me, è architettura locale, connessa al luogo in cui nasce. Piuttosto sarebbero forse utili altri tipi di distinzioni, ad esempio fra l'architettura che è "esportabile" e quella che non lo è. Architettura "esportabile": che si sviluppa in un luogo specifico affrontando e risolvendo le problematiche legate a quel luogo ma anche che nel condurre la sua indagine, nel cercare le sue soluzioni va a fondo, nelle persone che fanno il luogo e nel territorio, a toccare questioni umane e ambientali universali, con dentro caratteri universali declinabili e adattabili a vari luoghi.

Ad una architettura esportabile piuttosto che internazionale mi fanno pensare appunto le ricerche di Gambardella e Servino. Che sono specifiche e diverse, ma dialogano tra loro e non solo tra loro e dicono cose che superano il luogo nel quale e per il quale nascono, che sono contemporanee, e partendo dalle esigenze di una comunità specifica captano e offrono soluzioni alle esigenze degli individui del nostro tempo, ovunque essi si trovino. 

Cristina Senatore