Appunti sull'Arte


Note su questa sezione in fondo alla pagina. 
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"Arte vuol dire esprimere ciò che la società reprime, cogliere la verità che si cela dietro le apparenze della realtà".
Tinto Brass, L'elogio del culo, Tullio Pironti editore.

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(cliccare sulle immagini per ingrandirle)





>> APPUNTI | SALVADOR DALì: la moda a servizio dell'arte _1_03.04.2013


Gli stilisti attraverso le loro creazioni animano i mondi che altri immaginano o desiderano. Danno voce ad esigenze e desideri. Mostrano quello che è possibile. Quello che potrebbe o dovrebbe essere. è questo forse il senso dell'alta moda, della moda quando ha un senso.. fare da ponte fra gli artisti e le persone, e la gente. Tradurre le visioni in spazi abitabili, cioè desiderabili da tutti perché comprensibili da tutti, nei quali vigono nuovi equilibri, nei quali è possibile ribaltare le situazioni e i punti di vista. La creazione di alta moda ha senso che incontri l'arte quando incontra le visioni degli artisti e non quando li scimmiotta in quelle collezioni che li celebrano traducendo pedissequamente in texture i loro segni e colori. 

Salvador Dalì è forse l'unico, sicuramente il primo artista che capisce questo potere della moda e della moda unita all'arte e per questo vi si avvicina... Elsa Schiaparelli era l'unica che poteva rendere concrete le sue visioni, l'unica che poteva fare andare le persone in giro con una scarpa in testa o un'aragosta addosso... Il mondo della moda, le vetrine, le riviste, le pubblicità, le passerelle, erano il mezzo che quel gran "approfittatore" (come Dalì stesso si definiva) aveva individuato per diffondere e portare alla gente la sua visione delle cose. Alla gente, a tutti, al di là dei confini del mondo dell'arte, nei quali se fosse rimasto, probabilmente non sarebbe sopravvissuto a lungo a causa di una critica ingiusta che lo voleva, e lo vuole tuttora, inferiore fra i surrealisti di cui ritiene che Dalì abbia mescolato le visioni e le intuizioni per approdare ad ibridi di inferiore valore concettuale ed espressivo. 


"A causa mia un giorno si sarà costretti ad occuparsi della mia opera" (S. Dalì, Diario di un genio, SE, Milano, 1996, p.45)



Il messaggio che portava Dalì, la sua visione delle cose -sulla centralità della donna, sulla società, sul metodo stesso per leggere l'intorno e agire al suo interno - era difficile da fare arrivare alla gente e persino a chi si intendeva o si intende di arte, il suo messaggio si sarebbe perso se l'artista non avesse trovato il modo per diffonderlo. Fiducioso, egli credeva che con il tempo qualcuno avrebbe capito o almeno avuto la bontà di studiarlo un po' oltre le apparenze.. 

A volte il tempo che ci è dato non è sufficiente, Dalì era consapevole di avere precorso i tempi e che in suo potere era solo di legare le sue visioni all'immaginario collettivo per assicurargli, diceva lui, l'immortalità, comunque per garantirgli una vita lunga affinché approdassero ai tempi maturi per accoglierne o almeno discuterne il senso. Era per il momento importante disegnare la donna con la testa fiorita e diffonderla, attraverso le pagine pubblicitarie, una cover di Vogue o addirittura attraverso un cartone animato (vedi "Destino" disegnato per Disney nel 1945-46).. poi fissata l'immagine qualcuno si sarebbe chiesto che senso avesse, avrebbe poi scavato, oppure senza scavare, Dalì avrebbe contribuito ad "inquinare i sogni" della gente comune che avrebbe agito di conseguenza... si chiamano "interferenze". 






[Immagine da Gabriele Mina*, che ringrazio per la black box]





>> APPUNTI | LETTURA _1_19.03.2013




Segreti e Seni Alati nei cieli del Perugino.

Questa mattina riguardando il dipinto del Perugino, La consegna delle chiavi a San Pietro (Cappella Sistina Roma. 1481 - 1482) in cielo mi è parso di vedere ben distinte alcune figure e più precisamente sul lato sinistro il volto di un uomo anziano e barbuto, sul lato destro due seni alati e una bocca di donna.

Ho ripetuto l'immagine (fig.1, cliccare per ingrandire) e nel riquadro centrale ho solo aumentato il contrasto delle due porzioni di cielo considerate. Nella terza ripetizione ho tracciato con linea bianca i contorni di quello che vedo.

è curioso come dalla ipotetica pupilla del signore anziano (raffigurazione di Dio?) sulla destra si possa tracciare, seguendo quella che sembra la direzione dello sguardo, una retta che passa per la bocca di Gesù (ritratto nel momento in cui pronuncia queste parole: "tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli." Mt 16,19) e per le mani di Gesù e di Pietro e che la linea ricalchi la chiave d'oro.
I seni alati e la bocca sulla destra.. potrebbero essere la sintesi visiva di una (ma)donna.

Bello immaginare che la Madonna, donna per eccellenza, sia stata resa con un paio di seni celesti alati.. presenza di cielo disciolta nell'aria che sorveglia dall'alto affianco a Dio l'azione che il figlio compie in terra per volere del padre.
Colpisce, ammesso che sia vera, la sintesi visiva della donna sopratutto se la si colloca nel '400 prima del   famoso "less is more" che induce la progettazione anche della comunicazione visiva a ridurre ai minimi termini le architetture e le cose.


Perugino, La consegna delle chiavi a San Pietro, 1481 - 1482 (dettaglio aumentato di contrasto)
Man Ray, Observatory Time – The Lovers, 1936



>> APPUNTI | COMPARAZIONI_3

“Credo in Dio e nella sua carne.
In Dio, di cui sono immagine, interlocutrice, creatura, e quindi anche carne. [...]

Credo in Dio che ha inventato per me l'amore, la passione e l'indipendenza, tutte cose che non voglio portare come una croce ma accettare come un compito.

Non voglio dannarmi, non voglio esiliare niente negli abissi della psiche, nel regno moralistico delle ombre, voglio vivere la mia passione, conoscerla, soffrirne. [...]

Perché se penso che tutto, ma proprio tutto, quello che sono e che ho, viene da Dio, allora non ho più ragione di reprimere o di esiliare da me niente”.


La puttana santa: credo in Dio e nella sua carne, di Heide-Marie Emmermann. Castelvecchi editore 1996



>> APPUNTI | COMPARAZIONI_2 (Dio è donna)

Dio è donna. 
La bellezza che salva il mondo, quella di una donna chinata con grazia su un qualcosa che diventa il mondo intero. La madonna che accoglie nel seno il mondo. La donna che sul seno consola l'umanità. Che col seno la nutre. 
In Raffaello c'è un Tichy ante-litteram. 

Su Miroslav Tichy meglio non leggere quello che scrivono.. Questa affermazione invece è attribuita a lui: "Non sono un pittore. Né uno scultore. Né uno scrittore.
Sono Tarzan in pensione."

>> APPUNTI | COMPARAZIONI_1




"Dio creò l'uomo a sua immagine; /a immagine di Dio lo creò" (Genesi 1, 27).

La mano di Dio vista dall’altro lato. La mano dell’uomo. 

In Michelangelo Dio crea l'uomo. In Moebius l'uomo crea se stesso. 
L’uomo di Moebius, nell'atto di riprodursi, rimane nella stessa posizione in cui si trova l'uomo Adamo in Michelangelo (a sinistra rivolto verso destra), ma la sua mano corrisponde alla mano di Dio vista dal lato opposto come se l'immagine di Michelangelo ruotando su se stessa vedesse Dio porsi al posto dell'uomo.

L’uomo e Dio si identificano nell’atto del creare. 


>> APPUNTI | RI-LETTURE (tramite iPAD)


Lorenzo Lippi, Saint Sebastian, c. 1628-40
Copiato e incollato da (Facebook, pagina dei Musei Italiani) QUI

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LippiLorenzo. - Pittore e poeta (Firenze 1606 - ivi 1664). Allievo di M. Rosselli, si distinse per un sottile verismo e un accurato studio della luce, raggiungendo felici risultati (...) Cominciò durante la dimora a Innsbruck e continuò a limare fino alla morte il suo poema burlesco Il Malmantile racquistato (post., con lo pseudonimo anagrammatico diPerlone Zipoli1676) (...) Il poema, ricco di motti e proverbi fiorentini e della vivacità, comicità, malizia del parlar popolare, è corredato da note di Puccio Lamoni (anagramma di P. Minucci) d'erudizione linguistica e folcloristica.
Copiato e incollato da (Enciclopedia Treccani on line) QUI

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La leggenda del soldato martire dal corpo efebico e glabro ha interessato pittori e scultori di ogni era, il che ha portato a concentrare gli artisti sull'iconografia del santo nudo dalla bella anatomia a discapito di quella del militare maturo. Il santo era tra l'altro una delle poche figure nude che avevano il diritto di stare in una chiesa.
Copiato e incollato da (Wikipedia) QUI


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Un'unica freccia trapassa l'ampio e muscoloso torace di questo scultoreo San Sebastiano, a cui Lorenzo Lippi ha voluto riconoscere la più elevata e superiore dimensione di marmo antico, fissando nella luce la sua eterna postura ed evitandogli così il decadimento e la decomposizione delle carni.
Scoccata dall'alto verso il basso, la punta e parte del corpo legnoso gli entrano nel costato poco sopra il cuore, subito sotto la clavicola, segnando il perlaceo e traslucido avorio dell'incarnato, con una minimale fuoriuscita di scuro sangue rappreso e un'essenziale ombreggiatura.
Gli imponenti volumi di questo mezzo busto, ruotato verso sinistra e leggermente in tralice, posto davanti, in assoluto primo piano, escono prepotentemente dalla tela, immersi in una luce chiarissima e rarefatta che proviene dall'alto, con un taglio obliquo da destra a sinistra, mentre un intenso e sapiente uso del chiaroscuro gli dona una eccezionale tridimensionalità e una forte profondità prospettica, che lo distacca completamente dallo sfondo scuro.
Chiari stilemi di una Testa dalle caratteristiche assolutamente Fiorentina, sicuramente derivanti da soluzioni formali introdotte e sviluppate originariamente già da Giovan Battista Naldini e da Alessandro Allori, rivisitate da Lorenzo Lippi, che qui le personalizza in chiave arcaizzante e purista, incastonandole nel perfetto cerchio di una sottile Aurea luminosa e dorata, posta contro il nero sfondo di un tronco immaginario, ai cui lati le foglie e le frasche sono delineate dalle lingue blu di uno scuro cielo terso.
Copiato e incollato da (Wikipedia) QUI

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Ma perchè tale è l'umana miseria, che a gran pena si trova alcuno, per altro 
virtuoso, che alla propria virtù non congiunga qualche difetto, possiamo dire che il Lippi, più per 
una certa sua natural veemenza d'inclinazione che per altro, in questo solo mancasse, e facesse 
anche danno a sè stesso, in essere troppo tenace del proprio parere in ciò che spetta all'arte, cioè 
d'averne collocata la perfezione nella pura e semplice imitazione del vero, senza punto cercar quelle 
cose, che senza togliere alle pitture il buono e 'l vero, accrescono loro vaghezza e nobiltà: la qual 
cosa molto gli tolse di quel gran nome, e delle ricchezze, che egli avrebbe potuto acquistare, se egli 
si fosse renduto in questa parte alquanto più pieghevole all'altrui opinioni.
Copiato e incollato da (introduzione a "IL MALMANTILE RACQUISTATO") QUI


LETTURA TRAMITE IPAD, RI-LETTURA INTER-ATTIVA

L'ombra di un dritto naso, scurisce il labbro superiore sinistro, e due grandi tumidi occhi scuri, finimente rifiniti e particolareggiati nei minimi dettagli, come il leggero arrossamento dato al condotto lacrimale interno, o al contorno cigliare inferiore, sono pateticamente rivolti verso Dio, in una composta e serena sofferenza.
Copiato e incollato da (Wikipedia) QUI



Un San Sebastiano trafitto che se gli togli, senza troppo sforzo, alcuni elementi fondamentali alla narrazione della vicenda del Santo ottieni un'altra storia. 

Poche gocce di sangue nascoste nell'ombra e una sottilissima aureola per celare una vicenda più umana e pure più sconveniente da narrare delle gesta di un Santo. L'anteposizione di santità per salvare dalla distruzione la narrazione non meno intensa e degna di essere narrata di un Sebastiano qualunque. 

Togli il sangue, l'esile cerchio di luce e le inutili frecce nella mano del giovane. Resta un meraviglioso corpo che a rifletterci non sai nemmeno bene se è maschile o femminile. Il torace ti suggerisce che è di un ragazzo ma il bacino sembra essere più accomodante e ampio come quello di una donna. La bocca carnosa non ha genere. Serve solo a trasferirti in bocca la sensazione di bocca, a farti sentire, mentre guardi la percezione delle labbra. è disorientate e perfetto per l'immedesimazione. è la storia di un corpo, della sua carnalità in bilico sulla coppa del desiderio. 

Il corpo è incurvato e proteso verso la mano che in basso si rivolge al sesso. Il pollice della mano in alto preme contro la carne del petto mentre le altre dita con delicata timidezza si aprono frementi verso il capezzolo eretto. La bocca nell'inseguire il desiderio si lascia andare ad una semi apertura molle. L'attimo fermato è quello indeciso ed eccitante del corpo che arde di desiderio e indugia perché in quell'attesa allunga il piacere, aumenta l'immaginazione, si sensibilizza il corpo. 

Nell'incontro con il proprio corpo si possono incontrare tutti gli altri che si vuole. Anche un corpo identico al proprio, per i narcisisti innamorati di se stessi. 
Sulla pelle avviene l'incontro con l'altro. E l'incontro con se stessi. La pelle serve a sentire ma è essa stessa contemporaneamente oggetto che tramite il tocco sentiamo. Tutto avviene in superficie. Quello che ci succede dentro è il riflesso di quello che accade sulla superficie. Ogni profondità ha la sua superficialità. 

Tra l'erotismo e l'autoerotismo la differenza non è fondamentale. Si può stare con un altro e sentire unicamente se stessi, usare l'altro per avere percezione di sé. Si può incontrare se stessi e immaginare di toccare un altro. Quello che conta è il viaggio attraverso la carne che passa per la pelle. 

Se nel 1600 a uno gli veniva la voglia di raccontare una storia di erotismo o di autoerotismo l'opera anche magnifica avrebbe trovato probabilmente la distruzione, i santi no, quelli non si toccano. 



Di fatto la mia rilettura è totalmente arbitraria. potrebbe non essere affatto quello che sembra a me. potrebbe non essere che un innocente SanSebastiano colmo di misericordia e grazia come lo descrivono. La mia operazione non mette e non toglie niente al dipinto, alla storia del dipinto e all'autore, è del tutto trascurabile. Praticamente perfettamente inutile. Serve, la mia operazione, solo a me. A fare un viaggio diverso. A godere senza pregiudizio un'opera. A tenere gli occhi liberi dal condizionamento. A provare sensazioni, immedesimandomi in una storia diversa, intense e diverse da quelle che mi vengono propinate dal perbenismo e dal timore reverenziale richiesto dal titolo. Lascio liberi gli occhi di vedere quello che vogliono. Mi immedesimo in quello che vedo. Lo vivo. La pittura (la rappresentazione e in senso ancora più lato il disegno) mi serve, serve me. Io uso quello che vedo per ampliare la mia esperienza. L'immagine mi traghetta in luoghi di me esistenti e insieme sconosciuti. Oppure forse quei luoghi li crea, non lo so. Di fatto io attraverso quella immagine ho una diversa percezione delle cose. Cambio me stessa. è questo il potere dell'immagine, del disegno da un lato e della lettura, della capacità di immedesimazione dall'altro. Contro l'assuefazione tenere attivati gli occhi e distruggere il pregiudizio per viaggiare fuori di sé. E a chi sa disegnare, la responsabilità doppia e l'invito ad usare con cuore e consapevolezza l'arma potentissima del disegno. 

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Note su questa sezione

critico

[crì-ti-co] agg., s. (pl.m. -cif. -che)
  • • agg.
  • 1 Che analizza e valuta razionalmente
  • 2 Che esprime disapprovazione, rimprovero
  • 3 Di crisi, difficile, travagliato
  • • s.m. (f. -ca)
  • 1 Chi esercita la critica d'arte o letteraria professionalmente
  • 2 Chi giudica con severità: sono numerosi i c. del governonel l. fam. freq. in forma di accr.

    criticare [cri-ti-cà-re] v.tr. (crìtico, crìtichi ecc.) [sogg-v-arg]
    1 Sottoporre qlco. ad analisi critica, esprimendo perlopiù un giudizio negativo
    2 Giudicare negativamente, disapprovare qlcu. o qlco.
Siamo abituati (l'abitudine è un atteggiamento salvifico per certi versi e pericoloso per certi altri) ad attribuire alla critica un senso negativo, alla critica come al giudizio. In realtà, se è vero che filologicamente "criticare" deriva dal greco "krino" e se è vero che ha un senso cercare nelle cose la loro origine per capirle meglio, dobbiamo ricordare che "krino" significa: distinguo, secerno, separo, scelgo, preferisco, decido, giudico (dal dizionario greco-italiano Lorenzo Rocci). Quindi una critica non porta necessariamente in sé un valore negativo. E criticare è semplicemente l'atteggiamento di chi non subisce la realtà ma prova ad interpretarla, a decodificarla. Il critico è semplicemente colui che non volendo assumere la realtà così come gli viene proposta, ossia passivamente, la smonta e la rimonta per capirla. Nel rimontare il critico dà il suo contributo, attribuisce un senso a quello che vede e così facendo, in qualche modo partecipa alla realtà. Criticare è un atteggiamento mentale, un modo di stare al mondo, di fare le cose.

Ora, come è noto ai lettori di questo blog, questo spazio nasce perché possa raccogliere le mie strampalate visioni sulle cose che amo. E una delle cose che amo è l'arte. 

Spesso leggendo i pareri dei critici d'arte non sono d'accordo con loro. Ossia a guardare l'opera d'arte criticata non ci vedo niente di quello che loro affermano di vederci e però ci vedo altre cose. Perciò vorrei usare lo spazio di questa pagina che chiamo "Appunti sull'Arte" per scrivere come al solito sotto forma di appunti, quello che ci vedo io a dispetto di quello che loro dicono di vederci. Non una critica alla critica, ma la restituzione delle cose che vedo in certe espressioni dell'arte o in certi artisti, partendo da quello che non ci vedo. Il mio punto di vista (o di svista, come preferite), quello di una donna comune. 

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