sabato 30 giugno 2012

The Daily Facebook | N.22 del 30.06.2012_Generazione per innesto

[The Daily Facebook è una rubrica di questo Blog. Una sorta di Diario del diario di fb. Non però una cronologia, piuttosto un resoconto assolutamente NON obiettivo. Un esperimento. Una restituzione di quello che succede sulla mia pagina Fb (e sulle pagine dei miei contatti) giorno per giorno. Una mappa sentimentale, costruita su legami e logiche assolutamente personali. Messi insieme secondo una logica dichiaratamente arbitraria. Una visione palesemente distorta (e perciò sentimentale) di ciò che accade, di quello che vedo, di quello che attira la mia attenzione. Brevi storie fatte di frammenti, che non vogliono essere punti di arrivo, ma s-punti di partenza] 


innesto

[in-nè-sto] s.m.
  • 1 agr. Inserimento, con varie modalità, in una pianta di una porzione d'altra pianta della stessa specie o di specie diversa allo scopo di migliorarne la qualità o ringiovanirla; 
  • 2 biol., med. Trasferimento di porzioni di tessuto o di organi da una parte all'altra dello stesso soggetto o da un soggetto all'altro della stessa specieSIN trapianto
  • 3 fig. Introduzione di elementi culturali nuovi o diversi in un ambito preesistente SIN apporto

    possesso

    [pos-sès-so] s.m.
    • 1 Detenzione di qlco. di cui si può disporre come si vuole || essere in p. di qlco., possederlo | entrare, rientrare in p. di qlco., diventarne possessore, riappropriarsene
    • 2 dir. Potestà che si esercita su una cosa, di cui si godono anche i frutti, indipendentemente dall'averne la proprietà
    • 3 fig. Padronanza di sé o di qlco. SIN dominio
    • 4 (spec. pl.) Beni immobili detenuti a titolo di possesso o di proprietà SINpossedimento
    • 5 Rapporto sessuale connotato come appropriazione della donna da parte dell'uomo


      generazione

      [ge-ne-ra-zió-ne] s.f.




      • 1 Riproduzione degli esseri viventi, procreazione
        2 Persone coetanee o che vivono nello stesso periodo, considerate nel loro insieme
      • 3 Periodo di circa 25 anni che separa due classi di età
      • 4 Stadio di sviluppo di una tecnologia, con prodotti sempre più perfezionati
      • 5 Produzione, emissione, spec. nel l. scient. e tecnico












  • L'innesto si ha quando due realtà (almeno due. Due è il numero minimo indispensabile all'esistenza) si integrano perfettamente tra loro generando una terza realtà per la cui esistenza la con-vivenza delle prime due è indispensabile.

    Nell'innesto c'è integrazione e non c'è conflitto, una realtà scivola dentro un'altra e si diffonde, si espande in essa, e si fonde con essa, e avviene il possesso fra le due realtà, l'una possiede l'altra, si possiedono a vicenda. Il posseduto è anche possessore ed entrambi sono liberi di andarsene quando vogliono. Non c'è supremazia, c'è rispetto e il rispetto nei propri confronti si confonde con il rispetto per l'altro, come fossero le due realtà (e nel momento in cui convivono lo sono) una cosa sola. C'è coesistenza e non prevaricazione. Nell'innesto c'è forza ma non c'è prepotenza. C'è compresenza e non sovrapposizione. 

    Con l'innesto si ha una fusione fra almeno due realtà diverse che pur non smarrendo la memoria delle proprie origini e dunque la propria identità, si fondono e si confondono fino a generare una terza realtà, una terza verità, una terza dimensione che ha una propria autonomia di significato che può esistere solo in funzione della fusione tra le due realtà genitrici, che con-vivendo in essa la fanno vivere. 

    Qualcosa di simile avviene nel gioco delle ombre cinesi. Le mani restano quello che sono eppure intrecciandosi, mischiandosi, danno origine ad un'ombra che ha forma propria e autonomia di significato e che però può esistere solo in presenza della fusione che la origina. 

    A restare disuniti, disgiunti, ognuno per la propria strada, senza sfiorarsi mai, chiusi e caparbi nel volere affermare la propria individualità finiremo per diventare estranei e sterili. Se tutti si impegnano in un monologo nessuno più dialoga e a lungo andare ognuno svilupperà una propria lingua, incomprensibile all'altro. Sarà come diventare tutti sordo-muti. Saremo come tanti pilastri a non sorreggere nulla. 

    Creare innesti, mescolarsi all'altro senza la paura di subire prevaricazione, ci consente di dare un senso alle nostre ricerche e di portare avanti la collettività oltre che noi stessi.

giovedì 28 giugno 2012

The Daily Facebook | N.21 del 28.06.2012_La giostra del desiderio

[The Daily Facebook è una rubrica di questo Blog. Una sorta di Diario del diario di fb. Non però una cronologia, piuttosto un resoconto assolutamente NON obiettivo. Un esperimento. Una restituzione di quello che succede sulla mia pagina Fb (e sulle pagine dei miei contatti) giorno per giorno. Una mappa sentimentale, costruita su legami e logiche assolutamente personali. Messi insieme secondo una logica dichiaratamente arbitraria. Una visione palesemente distorta (e perciò sentimentale) di ciò che accade, di quello che vedo, di quello che attira la mia attenzione. Brevi storie fatte di frammenti, che non vogliono essere punti di arrivo, ma s-punti di partenza] 



["RALPH CRANE"] immagine tratta dalla pagina facebook di El mercadillo


[http://stimadidanno.tumblr.com/   
immagine tratta dalla pagina facebook di  Silvia Geroldi]


["Douglas D. Prince"  immagine tratta dalla pagina facebook di
 File ElectronicLanguage InternationalFestival]



["Pavel Tchelitchew, Head, 1950
 immagine tratta dalla pagina facebook di Dimitra Dafi]

[ fotografia di Gilbert Garcin tratta dalla sua pagina facebook]

[Constellation è una serie di ritratti dell’artista newyorkese Kumi Yamashita, 
una delle maggiori esponenti della shadow art. 
 immagine tratta dalla pagina facebook di Rosalba Catamo]


[ immagine tratta dalla pagina facebook di Evan Czar]



["by Antonio Gonzales Paucar- born 1973 in Peru"
 immagine tratta dalla pagina facebook di Stéphane Bourmaud-Baudet 



[ immagine tratta dalla pagina facebook di Fiamm Inga]


[Auditorium in Leon, Spain by Mansilla + Tunon Architects
 immagine tratta dalla pagina facebook di 3dfirstaid visual architecture]



 immagine tratta dalla pagina facebook di Archigram]



["ESPRIT" Flagship shop Köln 1987, by Sottsass Associati 

(Ettore Sottsass + Shuji Hisada) photo by Aldo Ballo

 immagine tratta dalla pagina facebook di Shuji Hisada]


[Eva Rubinstein (b.1933): Escalier, Paris, 1987
 immagine tratta dalla pagina facebook di Dmitry Polgar]


[Opera di Victor Enrich, tratta dalla sua pagina facebook]



[The Nefelejcs Project by Merge Invisible with 
support from the Ludwig Múzeum - Budapest
 immagine tratta dalla pagina facebook di Tododesign]

 immagine tratta dalla pagina facebook di Casaviva]



[ del fotografo francese Laurent Chehere 
immagine tratta dalla pagina facebook di Anna Breda]


[Julie Guerrin  immagine tratta dalla pagina facebook di Stefano Mirti]


[Image by German Photographer Martin Waldbauer.
immagine tratta dalla pagina facebook di Cultura Inquieta]

[da New York. Fotografia di  Francesco Ursitti tratta dalla sua pagina facebook ]

[immagine tratta dalla pagina facebook di design-dautore.com]

[immagine tratta dalla pagina facebook di Marcia Amaral]

[Vladas Orze immagine tratta dalla pagina facebook di
  File ElectronicLanguage InternationalFestival]

[immagine tratta dalla pagina facebook di Dimitra Dafi]


[immagine tratta dalla pagina facebook di Raffaella Balbo]

[di Peter Chrisostomou immagine tratta dalla pagina facebook di Effe Gi]

immagine tratta dalla pagina facebook di IQD]
[immagine tratta dalla pagina facebook di tododesign]

[immagine tratta dalla pagina facebook di Adan Murillo] 

[Henry Peach Robinson "fading away" (1858). FOTOMONTAGGIO da 5 negativi

immagine tratta dalla pagina facebook di Francesco Cappiello Magliano]

[tratta dalla pagina facebook di Barbara Rossi Prudente]

[Lenti John S, Pellicola Claunch 72 Monochrome, Nessun Flash_
fotografia di Mario Ferrara, tratta dalla sua pagina facebook]




[Marina Abramović, Ulay, Imponderabilia, 1977.
Performance, 90 Min.
 thanks to Stefano Mirti]

desiderio
[de-si-dè-rio]
ant. desidero
s.m. (pl. -rii o -ri)
1 Volontà intensa di avere o di fare qualcosa che procura piacere, soddisfazione


illusione
[il-lu-ʃió-ne]
s.f. (pl. -ni)
1 Errore dei sensi o dell'immaginazione che fa percepire l'apparenza come realtà

civiltà
[ci-vil-tà]
ant. civilitàcivilitadecivilitate
s.f. inv.
1 Insieme delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale



Viviamo da illusi. Costruiamo un mondo di cartapesta e ci muoviamo al suo interno come si muovono gli attori di teatro fra le sagome delle scenografie.
Ci illudiamo di potere vivere una vita alla volta, ordinata e coerente. Ci illudiamo di potere imbrigliare e incanalare l'istinto. Ci illudiamo di potere educare il nostro desiderio e persino lo cavalchiamo illudendoci di domarlo. Il desiderio è come un cavallo pazzo che ci butta giù dalla groppa in continuazione. E noi goffi e un po' stupidi e di fretta, come se nessuno ci avesse visto, come se non fossimo doloranti e lividi per la caduta appena subita, risaliamo fingendo di non essere mai caduti e imperterriti continuiamo nello sforzo di cavalcare. 
Guardiamo la luce e ci illudiamo che sia solo luce, volutamente dimentichiamo che nessuna luce esiste senza ombra. E con la stessa finta ingenuità (o reale superficialità) con la quale neghiamo che la luce sia fatta anche di ombra ci comportiamo come se avesse senso credere che il domani esiste, che arriverà davvero, che è un giorno diverso dall'oggi. Il domani non esiste, l'esistenza si svolge tutta nello stesso infinito giorno che è oggi. Al mattino siamo gli stessi della sera prima.  

è nella natura  delle cose la nascita come la morte, la luce come l'ombra, costruire come distruggere, amare ed essere egoisti. Noi siamo per natura il prodotto di un equilibrio fra opposti. Un equilibrio precario e oscillante. L'equilibrio al contrario di come si possa credere, è sempre instabile, sempre precario. Come una corda tesa fra due forze opposte, in esso è concentrata tutta la tensione degli opposti. Noi siamo vivi in quella precarietà, in quella oscillazione. L'equilibrio stabilizzato e immobile è quello della morte, dell'assenza della vita, almeno della vita e della morte come le conosciamo noi. 

Avere paura delle incoerenze e rifuggirle, ignorare il desiderio e soccombere gli impulsi equivale a negare noi stessi. 
Finiamo per chiamare civiltà l'enorme mole di sovrastrutture che ci costruiamo sopra e dentro la testa e invece civilizzare dovrebbe servire non ad annullare la nostra natura piuttosto ad approfondirne la conoscenza. La civilizzazione dovrebbe servire a raggiungere stadi superiori di conoscenza e coscienza di noi stessi per renderci capaci non solo degli istinti più bassi e animaleschi, che pure ci appartengono, ma di altri che ci elevano lo spirito, che pure è una cosa naturale come lo sono l'istinto, il desiderio e l'incoerenza. 

lunedì 25 giugno 2012

MANIFESTO DELL'ARCHITETTURA POPOLARE (Ossia manifesto personale di un appartenente al Popolo che è l'unico possibile autore dell'architettura Popolare)



 
Mio disegno di Cristina Senatore con foto di Vincenzo Riccardo e Mario Ferrara
"TEMPIETTO SENZA CULTO. Luogo inventato. Simmetricamente imperfetto, prospetticamente errato, volumetricamente impossibile, praticamente inutile."


"L'architettura ha una grammatica, poi una letteratura, poi dei miti. Se non si conoscono si rischia di essere banali. Almeno per gli architetti. Almeno per gli architetti che queste cose le conoscono" (BS) 

... Ognuno dentro alla propria testa ha diritto all'architettura, alle proprie sgangherate città, sono città spontanee, incoerenti, genuine, sgrammaticate, fondate su miti personali!


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volgo [vól-go] ant. vulgo s.m. (pl. -ghi)
1 La parte più povera e più incolta del popolo, in contrapposizione alla parte socialmente più elevata
  • volgare

    [vol-gà-re] agg., s.



    • agg.

    • 1 Proprio del volgo, delle classi popolari; con riferimento alla lingua, quella parlata dalla generalità della popolazione, contrapposta a quella della tradizione colta e letteraria
      2 Nel Medioevo, delle lingue derivate dal latino v. e via via affermatesi come lingue autonome e alternative al latino stesso
      3 Comune, non scientifico
      4 estens. Rozzo, grossolano

      architettura [ar-chi-tet-tù-ra] s.f.
      1 Arte e tecnica di progettare, disegnare e costruire edifici o altre grandi opere

      architetto [ar-chi-tét-to] s.m.
      1 Chi progetta una costruzione e ne dirige la realizzazione
      ‖ Laureato in architettura, abilitato a esercitare

      ****
    MANIFESTO DELL'ARCHITETTURA POPOLARE
  • (Ossia manifesto personale di un appartenente al Popolo che è l'unico possibile autore dell'architettura Popolare)

  • Io sono un rappresentante del Volgo. Io sono il Pubblico. Sono Fruitore dell'Architettura e in quanto tale rivendico il diritto a parlarne e a goderne. Io sono un rappresentante del genere umano. L'Architettura è un prodotto dell'Uomo a cui tutti hanno diritto. Ognuno ha il diritto di di godere dell'Architettura e di partecipare ad essa.

    Io sono un rappresentante del Volgo, e quindi sono il Volgo.

    L'architettura popolare, democratica, volgare, la sola cioè di cui il Popolo è capace è una architettura sgangherata, spontanea, incoerente, genuina, sgrammaticata, fondata su miti personali. 

    Io, in quanto rappresentante del Popolo, rivendico il diritto all'architettura popolare. A farla e a goderne. 

    Io sono il Volgo, fiero autore dell'architettura popolare ma non sono architetto. Ho troppo rispetto degli architetti per potere paragonare la mia architettura alla loro Architettura. Che gli architetti abbiano rispetto del popolo e della loro Architettura, che facciano la loro Architettura e lascino l'architettura popolare a me. 

    Io Volgo, unico possibile autore dell'architettura volgare alla quale rivendico il diritto, riconosco di non essere architetto. 
    Riconosco che la mia architettura, l'architettura popolare, l'unica di cui io Popolo sono capace, non è quella degli architetti. 
    Riconosco di appropriarmi ad uso personale di un linguaggio che manipolo e modifico secondo il mio piacimento. 
    Riconosco e dichiaro che la mia architettura, l'architettura popolare, la sola di cui io sono capace, è di tipo transitorio, non universale. Essa non vuole soppiantare l'Architettura vera e seria, quella che solo gli architetti  veri e seri  possono porre in essere e della quale io Volgo ho rispetto e anche un disperato bisogno. 
    La mia architettura transitoria non indaga la forma, non scava in profondità, non risale all'origine delle cose, non si immerge nella natura dell'uomo. è una architettura intima, fortemente autoreferenziale, mira a soddisfare le mie esigenze personali, raccoglie e accoglie i miei vizi,  asseconda le mie manie e incarna il mio discutibile gusto. Le forme di cui è fatta sono plasmate e aderiscono alle mie più basse e carnali e momentanee voglie. Sono forme passeggere, volubili, instabili come lo sono i miei bisogni.
    Riconosco e ammetto che la mia architettura non racconta che le mie personali vicende, non porta in sé traccia alcuna delle evoluzioni e delle involuzioni del genere umano. 
    L'architettura popolare non è, e non vuole essere, alla stregua dell'Architettura vera, una mappa delle conquiste morali e materiali dell'uomo. Non ha carattere filosofico, né universale. Le uniche ricerche che conduce mirano a soddisfare nell'immediatezza le esigenze del Popolo. 
    Fatta da me per me, l'architettura popolare morirà con me, perché rappresenta solo me stesso e non la natura umana. Rappresenta i singoli uomini di cui di volta in volta, io Popolo, sono fatto e non ciò che rende gli uomini quello che sono. 

    Voi architetti veri e seri, non mi vogliate male, non ve la prendete. Io sono il Volgo, rivendico solo un mio diritto. Ma della vostra Architettura ho rispetto e bisogno. Lasciate che io vi imiti. Nell'animare la mia architettura popolare non tolgo niente alla vostra, viceversa se voi vi intrattenete con me a discutere del mio fare togliete tempo all'Architettura vera, impoverite me Popolo e l'umanità intera di cui come voi, faccio parte. 

venerdì 22 giugno 2012

The Daily Facebook | N.20 del 21.06.2012_Caro Epicuro..

[The Daily Facebook è una rubrica di questo Blog. Una sorta di Diario del diario di fb. Non però una cronologia, piuttosto un resoconto assolutamente NON obiettivo. Un esperimento. Una restituzione di quello che succede sulla mia pagina Fb (e sulle pagine dei miei contatti) giorno per giorno. Una mappa sentimentale, costruita su legami e logiche assolutamente personali. Messi insieme secondo una logica dichiaratamente arbitraria. Una visione palesemente distorta (e perciò sentimentale) di ciò che accade, di quello che vedo, di quello che attira la mia attenzione. Brevi storie fatte di frammenti, che non vogliono essere punti di arrivo, ma s-punti di partenza]


[dalla pagina facebook di Wind Virtual University]


["Polisportiva Boys Curti" fotografia di Urbano Trotta, tratta dalla sua pagina facebook]
[Mio intervento grafico su fotografia di Urbano Trotta, dalla mia pagina fb]



[immagine tratta dalla pagina facebook di Nap Atelier]

[Dalla pagina fb di Isabel Picolo]


[immagine tratta dalla pagina facebook di Tododesign]

[tratta dalla pagina fb di Victoria Lubinska]

[dalla pagina fb di Griot Christian]

[immagine tratta dalla pagina facebook di Maurizio Goetz]

[immagine tratta dalla pagina facebook di 陳正佑]

["no man's land" by danis tanovic" http://instagr.am/p/MJEFHAkLbH/
dalla pagina facebook di Ailadi Cortelletti]

[fotografia di Maria Gelvi, dalla sua pagina fb]

[Mio intervento grafico su fotografia di Francesco Rinaldi, dalla mia pagina facebook]


[dalla pagina facebook di AlexanderDesigns AD]




[dalla pagina facebook di Balam Soto]



[dalla pagina facebook di WildAid]
["André Kertész, Broken Plate, Paris, 1929, Gelatin silver print"
dalla pagina facebook di La Révolution surréaliste]

[dalla pagina facebook di Danilo Donzelli]



Fine

1 [fì-ne] s.
  • • s.f.
  • 1 Punto estremo, nello spazio e nel tempo, in cui qlco. termina
  • 2 Cessazione definitiva di qlco. SIN cadutacrollo
  • 3 (anche m.) Fase finale di qlco. SIN epilogoconclusione
  • • s.m. Ciò a cui si mira, si tende SIN scopointento

Morte

[mòr-te] s.f.

  • 1 Cessazione irreversibile delle funzioni vitali negli organismi viventi; nell'uomo e negli animali si verifica in assenza di respiro e di battito cardiaco spontanei SIN solo per quanto riguarda l'uomo, decessoeufem.dipartitascomparsa

"A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono." (A. Baricco, Novecento)

Mi è rimasto impresso, dai tempi del liceo, il monito di Epicuro a non aver paura della morte perché non ha senso in quanto se essa c'è noi non ci siamo e viceversa. Soluzione che mi colpì allora per la sua semplicità. Poi a ripensarci, negli anni, ho finito per considerarla più che una soluzione semplice una soluzione semplicistica del problema. Intanto non è vero che quando c'è la morte non ci siamo noi, infatti se la morte "si verifica in assenza di respiro e di battito cardiaco spontanei " quando essa si verifica noi non cessiamo di esistere perché il nostro corpo permane, privo di reazioni ma continua ad esistere e ad essere soggetto al divenire (processo infinito).  Dunque in presenza della nostra morte la nostra parte materiale c'è, continua ad esistere. Quello che succede alla nostra parte immateriale, che sappiamo esistere perché ne abbiamo ampia prova (pensiamo, e quindi i pensieri, per quanto immateriali sono esistenti), chi può dirlo?! Apparentemente non cambia nulla, immateriale (e dunque intangibile e invisibile) era prima e immateriale continua ad essere dopo. Insomma quando moriamo una sola cosa certa si verifica: avviene un cambiamento. 
E la vita non è fatta di continui cambiamenti? Ora solo perché un cambiamento non riusciamo a spiegarcelo lo chiamiamo morte! è un cambiamento non da poco, ma sempre di cambiamento si tratta!
La differenza sostanziale tra noi morti e noi vivi è che da vivi riusciamo ad usare la nostra parte materiale per comunicare la nostra parte immateriale, mentre da morti, dotati di un corpo privo di reazioni, non riusciamo più a comunicare. Quando moriamo smettiamo di comunicare in un modo comprensibile a tutti. E perciò quel cambiamento, quell'apparente inesistenza di comunicazione la chiamiamo morte. Ora, se salta la corrente la luce della lampadina si spegne, diventa tutto buio e non vediamo più nemmeno la lampadina, ma con questo non vuol dire che il mondo sia stato ingoiato dal buio, continua ad esistere nel buio e la lampadina stessa resta al suo posto e non perde la sua capacità di fare luce. Salta il mezzo (la corrente/comunicazione), cambia la forma (la luce diventa buio), l'essenza resta la stessa (la realtà, mutata, non più visibile, non si muove di posto). 

La morte è la vita che inciampa. Un evento imprevedibile. Un cambiamento di rotta repentino nello scorrere delle cose, che continuano a scorrere ma prendono un'altra direzione. La smagliatura in un maglione di lana. La caduta improvvisa di un quadro, che da quadro diventa quadro caduto, ma resta pur sempre un quadro. La caduta di un vaso che toccando il suolo va in frantumi, un vaso in frantumi è pur sempre un vaso, un vaso frantumato.. cambia forma ma esiste. Nulla sparisce. Dove c'è la morte, caro Epicuro, ci siamo anche noi!


Arrivederci Anna Maria S.