Il "Venditore di Sogni" è il celeberrimo Salvador Dalí, proprio lui, l'artista catalano che ha incarnato il movimento surrealista dei primi del '900. Suo figlio è l'artista Josè Van Roy Dalí, autore del romanzo autobiografico "Il figlio del Venditore di Sogni".
Quando ho rivolto il mio invito ad inviarmi una ricetta al Sig. Dalí speravo vivamente che lo accettasse, ma sinceramente non credevo che lo prendesse seriamente in considerazione. E invece, con mia grande gioia, il Sig. Dalì mi rispose che, non sapendo cucinare, avrebbe provato a guardare nel "volume segreto" delle ricette di sua moglie (che in fondo si può dire siano anche sue visto che sono dedicate e create tutte per lui) e me ne avrebbe fatta avere una.. Detto, fatto.. mi ha inviato l'originale ricetta che vi illustro più sotto.
Dunque la ricetta è in realtà della Sig.ra Barbara che però non ama mettersi in mostra e della quale dunque non posso dirvi nulla, se non che è felicemente sposata con il Sig. Dalí da circa 40 anni. Abitano in una casa-atelier-museo alle porte di Roma piena, pare, di gatti.
Un legame indissolubile lega Josè a Barbara come quello che ha tenuto insieme per tutta la vita Salvador Dalí ed Helene Deluvina Diakonoff, madre di Josè e meglio conosciuta con il soprannome di Gala. Quattro esistenze intrecciate in un'unica affascinante quanto ingarbugliata storia, impossibile da riassumere in poche battute, in cui c'entrano l'arte, l'amore, la passione, la guerra, la lontananza, il mistero e anche talvolta le bugie, l'esibizionismo e l'egoismo impugnati come armi a difesa delle proprie idee e degli affetti più cari. Un'avvincente storia d'amore e passione che si riversa senza riserve nelle numerose opere scritte e dipinte dai Dalí padre e figlio.
Ho avuto il piacere e la fortuna di avere con il Sig. Dalí qualche interessante seppur brevissima conversazione nel corso di questi ultimi tre, quattro anni, da quando cioè, apprendendo della sua esistenza, volli inviargli una copia della mia tesi di laurea che si proponeva di indagare e approfondire un aspetto particolare dell'operato di Salvador Dalí, ossia il suo rapporto con il mondo della moda. Ho avuto così l'occasione di rendermi conto di quanto Josè fosse persona cordiale e affabile e spiccatamente autoironica, non di meno, assolutamente e profondamente surrealista!
Forse vi sarete chiesti che c'entra il dettaglio di un dipinto di Velázquez con l'illustrazione di una ricetta di cucina e sopratutto con i Dalí.. bene ve lo dico..
Nei mesi che impiegai per la stesura della mia tesi di laurea su Dalí si verificarono delle circostanze assai strane che mi portavano, ad ogni loro verificarsi, sempre più addentro a ciò che studiavo... finché cominciai a credere che non fossero coincidenze ma "manifestazioni daliniane" (sono sicura che il mio relatore, persona estremamente razionale, quasi cinica, a cui sistematicamente le raccontavo, cominciò a pensare che a furia di cercare di capire il "metodo paranoico-critico" usato da Dalí per dipingere, io stessa stessi diventando un po' paranoica)...
Un giorno tirando giù da uno scaffale un libro che non prendevo da tempo mi accorsi che aveva due segnalibri infilati fra le pagine, ne sfilai uno e lo infilai senza guardarlo in "Diario di un genio" (libro straordinario che vi consiglio di leggere, scritto da Salvador
Dalí) che avevo a portata di mano perché ne stavo completando la lettura e lo studio. Il pomeriggio di quello stesso giorno ripresi la mia lettura e tirando fuori da "Diario di un genio" il segnalibro che la mattina quasi con naturalezza era scivolato fra quelle pagine, mi accorsi che portava raffigurato un dettaglio del dipinto "Filippo IV" di Diego Velázquez su cui spiccavano, incredibilmente, proprio “gli affilati, imperialisti, ultra-razionalisti e puntati verso il cielo” (come li definisce lo stesso
Dalí in "Diario di un Genio", pag.19) baffi. Proprio i baffi "gai e vivaci di Velázquez" (Op.cit. pag.68) che Dalì decise di adottare come segno distintivo della sua persona e del suo genio, facendone la sua firma, e anzi rendendoli una sintesi visiva del cognome Dalí, in pratica un marchio di famiglia (vedi infatti José Van Roy Dalí).
A proposito dei suoi baffi e delle motivazioni che lo spingono ad adottarne un paio di quella e non di un'altra forma, Salvador Dalí da ampia spiegazione nei suoi scritti e soprattutto nell'opera citata, nella quale ricorda anche che il poeta Federico Garcìa Lorca (suo grande amico) definì i baffi "la costante tragica del volto umano".
Forse, un'altra volta, se vorrete, vi racconterò le altre "manifestazioni daliniane" che si sono materializzate sotto ai miei occhi in quegli irripetibili giorni pieni di scoperte e sorprese che mi servirono per scrivere la tesi e che incisero sulla mia esistenza in maniera imprescindibile. Per ora è tutto.
Ringrazio vivamente José Van Roy Dalí e sua moglie Barbara per la generosa concessione e per avermi dato la possibilità di ripartire in modo tanto straordinario con le illustrazioni del mio blog in questo nuovo 2012!
Per approfondire: